Cosa sono davvero gli intenti di ricerca
Perché capire l’intento di ricerca è il primo passo per scrivere bene
Hai mai cercato qualcosa su Google e ottenuto risultati che sembravano leggerti nel pensiero? Ecco, dietro quella “magia” c’è l’intento di ricerca. Non è solo una questione di parole chiave, ma di comprensione profonda di ciò che l’utente vuole davvero trovare. Quando una persona digita una query, non sta solo cercando una parola: sta cercando una risposta, una soluzione, un’azione. E Google — che ci osserva, analizza, predice — lavora ogni secondo per capire questo intento e proporre la risposta più utile.
Se scrivi contenuti per il web e non consideri l’intento di ricerca, rischi di parlare nel vuoto. Puoi anche usare le keyword giuste, ma se non intercetti il vero bisogno dell’utente, il tuo contenuto non salirà mai tra i primi risultati. E non è un caso: oggi la SEO non si basa solo su volumi e posizionamenti. Si basa su empatia digitale. Sul mettersi nei panni di chi cerca.
Prendiamo un esempio semplice: se qualcuno cerca “migliori pc gaming economici”, non vuole sapere cos’è un laptop. Vuole un confronto pratico, con recensioni e link per acquistare.
Se cerca “a cosa fa bene fare yoga”, non vuole l’origine dello yoga, ma sapere se può aiutarlo a stare meglio. Tutto questo è intento di ricerca.

L’intento di ricerca ha cambiato le regole del gioco (anche per la SEO)
Una volta bastava sparare una manciata di parole chiave dentro un articolo per sperare di apparire nei risultati di Google. Oggi non è più così. Google è diventato più sofisticato, più attento, più “umano”. Non si limita a contare le keyword: cerca di capire cosa vogliamo davvero.
È qui che entra in scena l’intento di ricerca.
Google utilizza sistemi avanzati come BERT per interpretare il significato dietro ogni query. In pratica, cerca di rispondere all’intenzione reale dell’utente, non solo alle parole che ha digitato. Questo ha cambiato radicalmente il modo in cui si fa SEO: non basta più ottimizzare per una keyword, serve creare contenuti che soddisfino un bisogno specifico. E per farlo, il primo passo è spesso trovare argomenti per il blog che siano rilevanti e vicini agli intenti dell’utente.
Per chi scrive sul web, questa è una rivoluzione. Significa che un buon contenuto può posizionarsi per molte parole chiave – a volte anche decine – anche se non sono state inserite in modo esplicito. Perché? Perché il contenuto risponde bene a un intento, a una domanda, a un problema reale.
Chi scrive pensando all’intento, e non solo alle keyword, finisce per parlare davvero con le persone. E Google se ne accorge. Ecco perché oggi, più che mai, l’intento di ricerca è la bussola da seguire per ogni strategia SEO efficace.
Quali sono i tipi di intento di ricerca e come riconoscerli
Capire l’intento dietro una ricerca su Google non è solo una questione di buon senso: è una delle competenze fondamentali per scrivere contenuti che si posizionano. E per farlo bene, bisogna conoscere i quattro tipi principali di query.
Query informative
Sono le più comuni. Chi le digita vuole sapere qualcosa: “Come funziona la SEO”, “Perché bere acqua al mattino”. Ideali per articoli, guide, tutorial, recensioni. Questo tipo di query è centrale soprattutto per chi si occupa di blogging in ambito business o eCommerce, dove saper scrivere articoli per un blog eCommerce può davvero fare la differenza.
Query di navigazione
L’utente sa già dove vuole andare: “Facebook login”, “Wikipedia”, “YouTube”. Non cerca info, ma un accesso diretto. Sono query di brand o nomi specifici.
Query transazionali
Chi cerca è pronto a fare clic: “Acquista iPhone 14”, “Ordina pizza online”. Contengono parole come “comprare”, “scaricare”, “ottieni”. È il momento della conversione.
Query commerciali
L’utente sta confrontando opzioni: “Migliori pc gaming economici”, “Recensioni scarpe da corsa”. Sta per decidere, ma ha bisogno di valutare. Ottime per comparativi e guide.
Come capire l’intento di ricerca di una parola chiave
A volte, per scrivere un buon articolo, bisogna semplicemente partire da Google. Sì, proprio così: apri il motore di ricerca, digita la tua parola chiave, e osserva con attenzione.
Prendiamo ad esempio la query “ricetta torta alla vaniglia”. Inserendola su Google, ci accoglie un carosello pieno di immagini invitanti, titoli come “ricetta facile morbidissima” o “torta soffice alla vaniglia”, e siti ben noti come GialloZafferano o Profumo di Cannella e Cioccolato. Tutto è incentrato su guide passo passo per cucinare.
In questo caso, per posizionarsi bene, serve un contenuto che imiti la struttura delle pagine già in cima: elenco ingredienti, foto grandi, tempi di cottura, step chiari. Se non lo fai, Google non ti prenderà nemmeno in considerazione.
In sintesi: l’intento di ricerca si scopre guardando la SERP. Non basta intuire, bisogna osservare. E modellare i contenuti su ciò che Google mostra come risposta ideale per quella query.
FAQ - Domande e Risposte
Gli intenti di ricerca indicano l’obiettivo che spinge un utente a digitare una query su Google: vuole informarsi, navigare verso un sito, acquistare o confrontare soluzioni.
Gli intenti si suddividono in: informativi, navigazionali, transazionali e commerciali. Ogni tipo riflette un diverso stadio del percorso dell’utente.
Analizzando i risultati restituiti per una keyword: se compaiono articoli informativi, l’intento sarà informativo. Se invece vediamo comparativi o e-commerce, è probabilmente commerciale o transazionale.
È la reale esigenza dell’utente nascosta dietro le parole della sua query. Comprenderlo permette di creare contenuti che rispondono esattamente al bisogno espresso.
Perché Google premia i contenuti che rispondono in modo efficace all’intento dell’utente, non solo alle parole chiave inserite. È la chiave per posizionarsi meglio.
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Ciro Scopece
SEO Specialist e sviluppatore WordPress con oltre 5 anni di esperienza nella realizzazione di siti performanti e ottimizzati per la Ricerca Google. Partner certificato Google Ads.